19 Mar 2020

 

Qualcuno già presagiva l’avvento di un’epidemia globale da prevenire. Nel 2015, Bill Gates suggeriva di farlo potenziando la sanità e utilizzando la tecnologia. Nel 2020, forse ci aiuterà un’applicazione su smartphone.

Oggi, ognuno di noi ha mezzi digitali con sé: smartphone, smartwatch, dispositivi connessi alla rete di casa, quella di lavoro, collegati all’auto e via dicendo. Siamo connessi online e interconnessi tra noi.

In tale situazione di progresso tecnologico, mai come ora disponibile a tutti, ci troviamo a fronteggiare un nemico invisibile, che può insediarsi in ognuno di noi: il Covid-19. In prima battuta abbiamo cercato di fare il possibile a livello sociale e sanitario, ora la tecnologia sembra venirci in aiuto con un’app.

Questo mezzo è stato già sperimentato in Cina, Corea, Israele e a Singapore per il Coronavirus. In ogni Paese è stato implementato con variazioni differenti. In Cina, l’app controllava che i contagiati rispettassero effettivamente la quarantena: un sistema di sorveglianza a scapito di libertà e privacy per il bene nazionale. In Corea del Sud, un motore di ricerca, il Coronaita, nato per mostrare le aree colpite dal virus, e l’app hanno creato problemi: emergeva chiaramente l’identità delle persone di cui si voleva mantenere l’anonimato. A Singapore hanno ideato un’app per tracciare il percorso dei pazienti contagiati.

 

E anche in Italia arrivano proposte che faticano ad avanzare per ovvi motivi di privacy, legati al GDPR.
Si procede discutendo tra: chi sostiene che le conseguenze, di una così influente violazione della privacy, daranno un precedente che potrebbe giustificare chissà cos’altro e chi giustifica la violazione della privacy, purché finisca al più presto questa pandemia.

  • Qual è la funzione dell’app?
    Limitare, contenere e prevenire i contagi intervenendo in modo mirato.
  • Cosa fare per installare l’app?
    Si tratta di installare un’applicazione sul nostro smartphone e questa, tramite la geolocalizzazione, permette di monitorare i nostri spostamenti e costruire un archivio di questi, anche retrodatato. Così, è possibile fare un matching con gli spostamenti altrui e, in base ai contagiati, capire se sono stato esposto a rischio di contaminazione.
    In questo modo è possibile individuare anche chi, nelle settimane precedenti, ha fatto grandi spostamenti.
  • È possibile individuare tutti i contagiati?
    È previsto anche un diario dove chiunque possa inserire, in modo anonimo, eventuali sintomi che possono manifestarsi, e l’app consiglierà se è il caso di mettersi in autoquarantena.
  • Per quanto riguarda la privacy, chi dovrebbe aver accesso a questi dati effettivamente?
    Chi sta sviluppando l’app tranquillizza dicendo che a questi dati avranno accesso solo la Protezione civile e la comunità scientifica. Per le persone comuni che vi accedono questa non rivelerà né i dati anagrafici né il numero di telefono. Non verranno resi pubblici i tracciati delle persone, ma verranno solo avvertiti coloro che potenzialmente sono stati a contatto con i positivi.

In conclusione, possiamo dire che l’articolo nel GDPR esplicita che, in condizioni di eccezionalità (parlando di eventuali “epidemie”), alcuni tipi di trattamento dei dati personali possano essere considerati leciti. Quanto impatterà a livello sociale un’app del genere lo scopriremo solo vivendo, se il picco di contagi non diminuirà in fretta.

Intanto, #noirestiamoacasa e prestiamo attenzione agli spostamenti che facciamo!